Aldo è un fotografo “vecchia scuola” che, tra l’altro, gestisce e affitta il suo studio fotografico a Milano. Lo abbiamo incontrato e gli abbiamo fatto qualche domanda.
Aldo, come hai iniziato? Qual’è stato il tuo percorso nel mondo della fotografia?
Ho iniziato nei primi anni 90 come fotografo di cataloghi d’arte. Ero il fotografo per il settore dei dipinti antichi e moderni alla Christie’s, facevo solo quello. Poi man mano ho iniziato a variare il business.
Cosa ti ha portato a cambiare?
Il fatto che i clienti con il digitale hanno poi fatto le fotografie da sé e hanno eliminato i professionisti quindi ho dovuto cambiare il business model.
Adesso organizzo anche workshop dedicati al beauty, al ritratto, alla figura umana ed allo stile creativo. Do il servizio di assistenza perché con l’esperienza che ho maturato posso aiutare anche altri fotografi, soprattutto se sono all’inizio del loro percorso, a realizzare i loro progetti o effetti di illuminazione particolari che non sarebbero in grado di fare da soli. La gestione delle luci, come sappiamo, è importantissima ed a volte molto complicata. Bisogna saper definire il volto del soggetto e poi interpretarlo: è un lavoro di fino, un po’ come cucinare. Per fare un paragone, è la stessa differenza che c’è fra il fast food e la nouvelle cousine: gli ingredienti di partenza possono essere uguali ma il risultato alla fine sarà molto diverso.
Qual è il lavoro di cui vai più orgoglioso?
È una lavoro di architettura fatto al castello di Sirmione, fatto tutto con il banco ottico, erano dei rilievi fotografici molto tecnici che hanno permesso poi di ridisegnare tutte le superficie del castello e di rifarlo.
Parliamo del tuo studio fotografico a Milano.
Il range di utenti dello studio fotografico Milano è vario: può essere affittato da un’ampia gamma di professionisti che va dai principianti, a cui do una mano o una direzione, alle agenzie che fanno degli shooting per fashion o, in generale, brand importanti. Volendo dare qualche dettaglio tecnico, lo studio è di circa 60 m² ed è alto 3 m, completamente attrezzato sia di lampade, fondali, softbox, pannelli riflettenti, etc.
Interessati a contattare Aldo? Potete mandargli velocemente un messaggio riguardo il suo studio fotografico a Milano o riguardo qualsiasi altra richiesta.
Se tu volessi dare un consiglio a un principiante che vuole iniziare questo percorso, quale sarebbe?
Tanta voglia di sperimentare, passare dai set semplici a quelli più complicati, sperimentare è la carta vincente. Se poi parliamo di qualche dettaglio pratico per la fotografia in studio direi di utilizzare il flash con degli accessori adatti, spesso si fanno le fotografie senza capire a cosa servono gli accessori. Ad esempio variare dal softbox alla griglia a nido d’ape piuttosto che a una strip permette poi di avere sul soggetto delle luci molto differenti quindi il “trucco” è quello di studiare vari schemi di illuminazione. Il secondo errore che si fa più spesso invece sono le inquadrature che vengono fatte un po’ alla “va come la viene”. Dopo la luce c’è lo studio dell’inquadratura.
Un “uovo di colombo”?
Se un flash si rompe, per avere un flash secondario si può tranquillamente usare un pannello riflettente. Se si fa un ritratto un pannello riflettente può sostituirlo benissimo.
Per quanto riguarda la situazione milanese, visto che siamo a Milano, come la vedi?
Certi momenti è difficile gestire uno studio fotografico Milano: l’impressione è che il mercato si sia molto contratto quindi c’è una lotta tra professionisti che non dovrebbe esserci, non c’era mai stata una cosa del genere. Il cliente può ricattare il professionista che quindi abbassa prezzi perché l’altro li ha abbassati. Ma se vuoi risparmiare abbassi la qualità. Anche nella moda. Ci sono fotografie in cui vedi la capacità del fotografo e altre foto fatte con uno stile “molto casual” diciamo… O, per portare un altro esempio, una volta la Sovrintendenza voleva le foto fatte “ad arte”, adesso gli standard si sono un po’ “allargati”. Per risolvere la situazione, in generale e non solo a Milano, ci vorrebbe sia una cultura fotografica che una cultura estetica diffusa, insieme al rispetto, da parte dei clienti, della nostra professionalità, del lavoro e della passione che ci abbiamo messo in tutti questi anni.
Parlando di cultura fotografica… tu sei su Instagram?
Ho solo una fotografia su Instagram! Non ho il tempo di dedicarmi a Instagram. È una piattaforma per le immagini davvero notevole, si trovano dalle immagini semplici alle foto più complesse. Onestamente ho visto anche lavori lavori molto belli. E poi i filtri sono un gioco divertente. Ma, molte volte, Instagram resta un gioco.
La cosa più strana che ti è capitata nel tuo lavoro?
Non ci crederai ma per un lavoro che è durato giorni il cliente è rimasto particolarmente contento, alla fine mi ha detto “secondo me è sottopagato” e me l’ha pagato il doppio. Ti parlo di 20 anni fa. Adesso anche i cataloghi industriali se li fanno i clienti, mettono su il banchettino e fanno lo “still life”. Anche il settore dei cataloghi industriali si è molto contratto. Bisogna sapersi adattare, bisogna essere come l’acqua che se gli chiudi la strada da una parte cerca sempre il modo per uscire. Se uno si irrigidisce è la fine.
Grazie mille per la tua disponibilità ed i tuoi consigli.
Grazie a voi.